Railroad Radio Station
Music from outer rail
Roots & Culture: non chiamarlo sound se non hai l’impianto!
Categories: General, Street Radio

Con un giorno di ritardo il post della settima puntata di U.R.

Purtroppo il tunnel consumista di Natale mi ha ingoiato e Babilonia ha preso il sopravvento (come quasi sempre cari i miei “rastoni”), il tour de force lavorativo mi ha impedito ier sera di scrivere la presentazione della settima puntata. Alla fine della giornata la mia mente pensava già ad altro. Chi ci ha ascoltato Jah Say! La radio autogestita è anche questo. Sorry!!!

Ci rifacciamo subito. Chi ieri s’era mi ha seguito avrà sentito il “flavour” reggettone della trasmissione. L’influenza “malsana” dello scrorso giovedì alla competizione Black Cup mi ha contagiato in pieno e ho rispolverato la mia collezione di 45giri/7″ di Roots Reggae.

La scena reggae odierna avrebbe bisogno di ritornare sui banchi di scuola per studiare meglio le origini di questa cultura. Un tempo le crew storiche italiane seguivano saldamente le fondamenta e cercavano di spiegare ai più giovani il modo migliore per proseguire nella strada. Oggi ognuno pensa per se.

Invece di cercare i vecchi dischetti, con pezzi ormai scomparsi ma dalle riddim intramontabili, ci si avvale solo dell’immenso mondo della rete, ingoiando ad imbuto ogni cosa senza assimilarne bene il significato.

Le dancehall sono sempre più incattivite, il ragga la fa da padrone, con gli McS che ogni due note ti urlano nelle orecchie le loro ahimè scarse doti canore. Il Dub Plate è diventato l’arma micidiale dei clash, purtroppo però gli “specifici” degli artisti più cool se li possono permettere solo le crew più “ricche”, economicamente parlando. Pensare che il Reggae è nato in uno dei quartieri più poveri del mondo, dove i “Local Boyz” si costruivano gli impianti da soli utilizzando un sacco di materiale elettrico pescato dalla spazzatura. Questa forse era la vera ricchezza della Reggae Culture, <<farsi dal niente>>. Oggi invece, si chiama Sound System anche la semplice crew che non ha l’impianto o, se lo ha, è un Turbosound di ultima generazione, niente a che vedere con i progetti di Jah Shaka ,che anni fa erano preziosi come l’oro.

Il Reggae, che pochi anni fa sbancava nei centri sociali, nei club e nei festival, come fenomeno musicale, ha fatto la fine dell’Hiphop. Nel momento in cui si doveva spingere sull’accelleratore, è venuta a mancare il resto della scena, che serve per fare di questa passione un lavoro concreto. Anche quei pochi che erano riusciti ad emergere sono ritornati nel sotterraneo, sfiduciati dai loro stessi fan. La cultura non è fatta solo di Mc’s,  Djs, Feste e  Dub Plates, ma  da una spessa pellicola protettiva composta dai cosidetti “operai”. Chi vive di Reggae e fa in modo che il Reggae cresca, pur non essendo tra i “primi della lista”, gente che lavora nell’ombra, ma che con il suo appoggio è fondamentale per lo sviluppo di una qualsiasi cultura vera.

“La rivoluzione non si prepara, esplode.” Robert Marley

Tracking della scorsa puntata:

Gonzalez – Move it to the music 1979 (Capitol)

Debbie Jacobs – Don’t you want my love 1979 (RCA Victor)

Odyssey – Going Back to my roots 1981 (RCA)

Mike Theodore Orchestra – Disco People 1979 (Westbound)

Gino Soccio – The Heartbreaker 1980 (RFC)

Hypno – Over the top 2010 (Pattern)

Grand Master Flash & Furious Five – The adventures of Grandmaster Flash on the wheels of steel 1988 (Blatant)

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